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CHI NON OCCUPA, PREOCCUPA?

Rivolto a genitori e insegnanti delle scuole medie superiori sulle manifestazioni e occupazioni studentesche di questi giorni.

Gli studenti scendono in piazza in molte città d’Italia. Una parte della popolazione studentesca  sta occupando la propria scuola superiore,  una  parte guarda un po’ impacciata o indifferente, una parte è proprio contraria.

Partecipando  alle assemblee dei genitori noto continuità tra genitori favorevoli-figli favorevoli, genitori contrari-figli contrari. Le istanze dei figli rimbalzano  nelle chat genitori che, ebbene sì  permangono anche alle scuole superiori, e  il dibattito si  polarizza, as usual.

Eccitati e orgogliosi i genitori favorevoli sostengono che “occupare è un atto di disobbedienza civile simbolicamente necessario per far arrivare forte e chiaro le istanze studentesche  e riappropriarsi della scuola (dormendoci, mangiandoci, ballandoci, baciandosi, parlandosi) dopo esserne stati privati, espropriati negli ultimi 2 anni.

Indignati e perplessi i genitori contrari ribattono che  la modalità sia sbagliata “occupare una scuola è un atto violento e illegale, soprattutto non è il modo adeguato per aprire un dialogo e far valere le proprie istanze. Le ragazze e i ragazzi avrebbero potuto e dovuto dialogare con le/i prof disponibili al confronto. Raccogliere i bisogni di tutti e aprire la comunicazione  con la/il preside tramite i circuiti preposti ma certamente senza ostacolare le lezioni”.

Personalmente comprendo entrambi i punti di vista ma, come pedagogista e come mamma , concordo con i primi, i favorevoli,  e vorrei tentare di fondamentare il perché.

L’aspettativa  che i ragazzi sostengano  un processo negoziale  win-win , informato e condotto ad arte in modi, tempi, spazi adeguati con gli adulti di riferimento sottende  un’immagine a mio avviso  idealizzata  di giovane  consapevole, competente, emotivamente maturo, impegnato ma che non perde di vista la propria traiettoria formativa.

Pur nel riconoscimento delle diversità individuali trovo questa aspettativa  non  adeguata per almeno 3 elementi significativi:

  • Il generico modello di adulto che i giovani stanno assimilando. Incapace di dialogare che spesso usa l’insulto,  radicalizzato nelle proprie opinioni veicolate nei social-network, perchè  ha dismesso gli ambiti in cui incontrarsi e parlarsi di persona,…
  • Il dato delle neuroscienze, relativo ai tempi fisiologici di maturazione della corteccia pre-frontale, quella parte del cervello preposta al controllo di emozioni e impulsi, non pienamente matura fino  verso i 25 anni se va bene,
  • L’esperienza dell’adolescenza che ogni adulto conserva dentro di sé.

Per queste ragioni  l’aspettativa che dagli adolescenti giunga una modalità  comunicativa “adulta” che  l’adulto stesso fatica a promuovere e a sostenere ( pur non senza eccezioni) mi fa riflettere sul fatto che quando l’ambiente ci chiede più di ciò che è nelle nostre possibilità dare subentra lo stress negativo, quello che si cronicizza.

Allora quel dato del  “76,1%  di studentesse e studenti che dichiara di avere avuto attacchi di panico o emozioni che non riesce a gestire durante un’interrogazione*”, non potrebbere dipendere anche dal nostro iper-investimento  sui figli fin da quando sono piccoli che, da adolescenti, vorremmo  emotivamente e cognitivamente diversi?

Le emozioni “che non riescono a gestire”  le  raccontano negli studi,  pienissimi, dei professionisti. Sono la vergogna,  perché sanno di non essere così adeguate/i come i genitori e i professori se li immaginano o li vorrebbero e la rabbia per sforzarsi così tanto nell’adeguarsi alle aspettative adulte  da perdere il contatto con il proprio Sé emergente.

Ora, noi genitori amiamo le nostre figlie e i nostri figli e probabilmente siamo la generazione  che ha fatto più sforzi nella storia, sforzi mossi anche dalla paura per la giungla economica in cui dovranno cavarsela. Tuttavia, se nella famiglia normativa, dalla quale proveniamo, mortificare la prole appariva  giustificato per crescere adulti integrati, nella famiglia affettiva di oggi  idealizzarla rappresenta la polarità opposta. Con conseguenze nefaste per via dell’aspettativa  che più o meno carsicamente  sentono incombere su di sè.

Sia nella mortificazione che nell’idealizzazione i figli finiscono per essere  non-visti.

Tornando  alle manifestazioni e occupazioni di questi giorni  sto vedendo , con somma felicità, ragazze e ragazzi  essere ragazze e ragazzi, in altri termini vedo riapparire nella scena sociale il PUER, per Jung l’archetipo della  gioia di vivere, del senso dell’avventura, dell’inizio,  fantasia creatrice e anche irrequietezza e immaturità, assenza del limite. E’ alla polarità opposta del PUER che troviamo il SENEX, nell’inconscio collettivo  maturità, saggezza, esperienza, ma  anche  blocco delle iniziative,  paura delle novità, autorità, ordine, potere. E Dio solo sa quanto SENEX abbiamo dovuto ingoiare in questi 2 anni!

Agli insegnanti e ai dirigenti scolastici.

Arriva forte e chiara la necessità di guardare quello che sta accadendo ai nostri pueri e fare qualcosa. Allora proviamo a dare il modello. Stiamo dicendo loro che avrebbero dovuto aprire spazi di dialogo civile e negoziale? Facciamolo! Trattiamoli/e come vogliamo essere trattati/e, in nome di un ‘etica della coerenza e della reciprocità’. Questa è una cosa adulta (che peraltro sappiamo molti professori e professoresse attuano già come iniziativa individuale).  Che a scuola si aprano spazi e tempi per il dialogo in gruppo, perché il disagio non è individuale è collettivo, quindi non ha senso pensare le scuole come presidi clinici – con sempre più ore di supporto psicologico senza fare niente per prevenirlo. Sarebbe utile istituire  in modo programmatico  gruppi di parola su tematiche esistenziali, assemblee mensili, momenti di condivisione e confronto nel quale le emozioni e le relazioni siano al centro del dibattito, senza fini professionali o utilitaristici ma esclusivamente per dare alle ragazze e ai ragazzi  strumenti a sostegno dell’emersione del Sé e della relazione. La scuola sta resistendo a fatica agli attacchi della logica neoliberista imperante, e sotto i colpi della pandemia è caduta e con essa studenti e studentesse, insegnanti e genitori.  Affinché si rialzi c’è bisogno dell’aiuto di tutte e tutti , soprattutto del PUER  che fa un po’ casino ma è alleato fortissimo e  anticorpo personale e sociale.

Rita Greta Rombolotti

 

 

*( fonte: sondaggio effettuato all’interno del Liceo Carducci su un campione di 460 studentesse e studenti.)

 

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